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Il nuovo Messale e il Padre nostro

La data ufficiale è quella del 4 aprile 2021. È il giorno di Pasqua del prossimo anno. Ed è il giorno in cui diventerà obbligatorio celebrare l’Eucaristia con quello che tutti chiamano il “nuovo messale”. Tuttavia la “rivoluzione della Messa” è destinata a iniziare ben prima. Non soltanto perché il nuovo testo può essere impiegato fin da quando giunge in parrocchia ma anche perché la Conferenza episcopale triveneta ha deciso unitamente, come segno di comunione tra le diocesi, di adottare il rinnovato Messale dalla prima domenica di Avvento, il prossimo 29 novembre.

In realtà il “nuovo messale” è la nuova traduzione in italiano della terza edizione tipica in latino del Messale Romano di Paolo VI scaturito dal Concilio e dalla sua riforma liturgica che apriva la celebrazione della Messa alle lingue nazionali. La terza editio typica è stata pubblicata dalla Santa Sede nel 2002. E adesso arriva anche in italiano dopo un complesso percorso che ha impegnato quasi per diciotto anni la Conferenza episcopale italiana. Fra le novità quelle sul Padre nostro: non c’è più non ci indurre in tentazione, ma non abbandonarci alla tentazione. Inoltre, sempre nella stessa preghiera, è previsto l’inserimento di un «anche» - come anche noi li rimettiamo. In questo modo il testo del Padre nostro contenuto nella versione italiana della Bibbia, approvata dalla CEI nel 2008, e già recepito nel nuovo Lezionario, entra nell’ordinamento della Messa. Altra modifica riguarda il Gloria dove il classico e pace in terra agli uomini di buona volontà è sostituito con e pace in terra agli uomini, amati dal Signore. Sono queste le principali variazioni che un’assemblea dovrà imparare. Ma non mancano altre modifiche in ciò che pronuncia il sacerdote. Così, ad esempio, viene rivista la Preghiera eucaristica II: al posto di Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito è previsto con la rugiada del tuo Spirito. Oltre ai ritocchi e agli arricchimenti della terza edizione tipica latina, il neo Messale propone altri testi facoltativi di nuova composizione.

 

don Mirco Miotto

 

 

La Chiesa vive nella liturgia eucaristica il momento più alto di unità con Cristo e con i fratelli, dal punto di vista della preghiera. La Messa è allora il momento in cui ogni cristiano può riconoscersi come invitato a pieno titolo a partecipare al dono più prezioso che Cristo fa di sé, a lui stesso che si fa cibo per la nostra anima e per il nostro corpo con la sua Parola, il suo Corpo e Sangue, il suo Spirito.

Nella storia della Chiesa il rito eucaristico (così si chiama la prassi comune che viene tramandata per celebrare la Messa) si è strutturato nelle due grandi tradizioni, quella orientale cattolica (che seguono anche i cristiani ortodossi) e quella occidentale, che seguono i latini. Quest’ultima tradizione si concretizza nel messale romano, nel messale ambrosiano (della chiesa di Milano) e anticamente nei messali di altre tradizioni locali che oggi non ci sono più, messi da parte a favore dal messale romano che ha dato più valore all’unità della preghiera nella chiesa latina.

Il messale romano è scritto in una edizione unica per tutte le chiese che lo adottano, si chiama editio typica, ed è scritta in latino. Fino al Concilio Vaticano secondo era solo questa la forma che si usava per celebrare la messa. Con il Concilio si è dato il via alla traduzione nelle lingue nazionali, tra le quali l’italiano, con la possibilità di aggiungere qualcosa di specifico per ogni territorio. Così in Svizzera e in Italia sono state composte altre preghiere che si sono aggiunte al messale in lingua italiana. Altre nazioni hanno fatto la stessa cosa. Quindi resta una unità di fondo per la liturgia latina, che si arricchisce qua e là di qualcosa di specifico.

Nel 2002 si è avviato un processo di nuova traduzione del messale latino, che porta al messale che esce quest’anno. Il criterio seguito è stato quello di rendere più aderente alla lingua parlata le preghiere della tradizione, oppure di renderle più poetiche ed evocative come nel caso della “rugiada dello Spirito “ che si invoca sulle offerte del pane e del vino, sempre attingendo anche alla tradizione più antica.

Il cambiamento più grosso avviene al livello della Parola di Dio, adottando la nuova traduzione della Bibbia in italiano del 2008 e che ha portato a stampare i nuovi lezionari qualche anno fa. Lì è entrata nella preghiera la novità di salmi con nuovi ritornelli, il che ha fatto mettere da parte le melodie che non si adattavano più in favore di nuove composizioni musicali.

Ora è il turno di rivedere anche la preghiera di Gesù per eccellenza, il Padre Nostro. La difficoltà ad accettare un Dio che di persona ci fa entrare nella tentazione per metterci in difficoltà ha fatto rivedere la penultima invocazione a favore di una interpretazione che metta in evidenza la volontà di salvezza da parte del Padre.

Al di là dei cambiamenti formali conta la sostanza: pregare insieme agli altri e pregare col sacerdote che presiede la Messa per il fedele cristiano non è un’opzione ma una necessità, e quest’anno ne abbiamo sperimentato anche drammaticamente il bisogno (se almeno abbiamo ricevuto un buona formazione alla preghiera della Chiesa). Però che ci aiuta ad essere uniti è anche la forma della preghiera: ci aiuta a capire che se anche siamo diversi dobbiamo superare le difficoltà che tendono a dividerci. Per questo la Messa sarà sempre per la Chiesa il culmine e la fonte della vita cristiana, perché ci fa attingere all’unico Cristo di cui siamo membra e all’unico Spirito, ed evidenzia il bene supremo della Comunione, che si esprime nella fedeltà alla tradizione del gesto liturgico espressamente voluto da Gesù (fate questo in memoria di me), nel ricordo del papa e del vescovo che sono ministri e garanti di comunione, nell’invocazione di Maria e dei santi e nel ricordo dei defunti. La Comunione al Corpo di Cristo, dopo l’Amen, il Padre nostro e la Pace di Cristo, sigillano la nostra Comunione con Dio e i fratelli.

 

Don Claudio

 

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